Quali sono le funzioni di un nutrizionista e quali quelle di un dietologo ?
Da un programma nutrizionale non ci si deve mai aspettare risultati straordinari in pochissimo tempo. Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di adottare un'alimentazione più equilibrata, ricercando la propria nutrizione ideale per il puro piacere di prendersi cura del corpo, depurarlo e potenziarne le capacità. Che si ottengano o meno risultati visibili nel breve periodo, non dovrebbe fare la differenza.
Dopotutto, perché mai non si dovrebbe raggiungere una forma fisica ottimale se ci si impegna a rispettare i propri fabbisogni? È solo una questione di tempi individuali.
L'alimentazione non è una semplice funzione nutritiva: è espressione profonda dell’essere umano. Nutrirsi significa rispondere non solo alla fame, ma anche agli impulsi più istintivi e affettivi. Il bisogno di cibo è legato allo sviluppo della personalità, e non può essere ridotto a numeri o restrizioni imposte.
Oggi si parla molto di “alimentazione corretta” e “benessere”. Guru della dietologia, centri estetici e cliniche del benessere alimentano il mito del corpo perfetto, incarnato da star dello spettacolo e dello sport. Ma proprio in un’epoca in cui l’informazione viaggia veloce, si assiste a una crescente confusione: mancano indicazioni concrete, e questo disorienta soprattutto chi si sente "fuori forma", spingendolo verso comportamenti estremi o scelte poco sensate.
Spesso la figura del consulente nutrizionale è fraintesa. Esistono luoghi comuni che ne mettono in discussione l’utilità: “Pagare per essere invitati a digiunare è il colmo!”, si sente dire. Alcuni trovano la forza di resistere alla fame solo perché hanno pagato, trasformando così il percorso nutrizionale in un’esperienza di mortificazione, invece che di ascolto.
Frasi come “il dietologo mi ha dato questo… mi ha tolto quest’altro…” raccontano un rapporto sbilanciato, in cui il consulente agisce come un burattinaio e l’assistito esegue. In realtà, dovrebbe essere l'opposto: è il consulente che deve adattarsi alla persona, ascoltarla, capirla e guidarla con empatia.
Se il percorso non porta risultati – sia che le indicazioni siano state seguite o meno – la responsabilità non può ricadere sull’assistito. È compito del nutrizionista riconoscere di aver mal interpretato i bisogni della persona o di non aver saputo comunicare in modo efficace.
Troppo spesso si cerca di ridurre la complessità dell’essere umano a statistiche e formule standard. Ma ogni individuo è un universo fisiologico ed emotivo in continua evoluzione, che si adatta geneticamente e in risposta allo stile di vita. Queste variabili non possono essere previste con la statistica: vanno osservate, ipotizzate e verificate nel singolo caso.
Il nutrizionista, quindi, deve saper ascoltare e personalizzare. Nessuno stile di vita funziona per tutti. La chiave è il dialogo aperto, senza pregiudizi. Attraverso il confronto, si possono riscoprire gusti, abitudini, emozioni e vissuti legati all’alimentazione.
A volte può essere utile coinvolgere un pedagogista, per lavorare sull’aspetto educativo ed emotivo, o uno psicologo, nei casi più complessi.
È importante anche valutare i segnali di fame, analizzare la composizione corporea e fare, se necessario, accertamenti clinici. L’obiettivo è conoscere le caratteristiche psico-fisiologiche dell’individuo e trasferirgli conoscenze nutrizionali che lo rendano autonomo. Non si tratta di imporre regole, ma di educare all’ascolto del proprio corpo.
Il corpo è il vero “scienziato”: dobbiamo solo metterlo nelle condizioni di studiare se stesso e poi ascoltarlo.
Viviamo in una società che spesso ci fa sentire malati anche quando non lo siamo, alimentando paure e insicurezze. Ma ognuno può migliorare il proprio stato di benessere, partendo dalla conoscenza del proprio corpo e liberandosi dai falsi miti. La motivazione non può venire dalla paura, ma dalla consapevolezza.
Autore: Redazione Medicina33.com