Sezione: Cardiologia

II Laboratorio Clinico nella prevenzione delle malattie cardiovascolari

II Laboratorio Clinico nella prevenzione delle malattie cardiovascolari Ictus e infarto : Un enzima rivelerà  quali rischi corriamo. Le malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus cerebri, trombosi arteriose e venose) rappresentano oggi la principale causa di morte di uomini e donne nel mondo occidentale. Dati americani stimano circa 1.000.000 di morti all'anno, cioè un morto ogni 30 secondi, di cui 160.000 individui di età 5 compresa tra i 35 e i 64 anni. Le malattie cardiovascolari hanno oramai una dimensione epidemica, tanto che l'OMS ha riconosciuto che esse rappresentano il principale problema sanitario nel mondo con un enorme carico di sofferenze umane e di perdite economiche. Gli sforzi della ricerca si sono concentrati su numerosissimi aspetti delle malattie cardiovascolari e trovano corrispondenza nella pratica medica dove il laboratorio, oggi, rappresenta uno strumento utile per adeguati interventi soprattutto nella prevenzione oltre che nella diagnosi e terapia. In particolare possono essere identificati 3 campi in cui le indagini di laboratorio possono esitare in interventi diagnostico-terapeutici:

1) fattori di rischio e stratificazione del rischio: medicina preventiva

2) scompenso cardiaco

3) identificazione dei pazienti trombofilici


1. Da molti anni sono noti i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, che hanno la caratteristica di potenziarsi a vicenda, aumentando notevolmente la probabilità  di malattia. L'identificazione dei soggetti a rischio di malattie cardiovascolari costituisce uno degli obiettivi principali della prevenzione primaria individuale ed è la premessa necessaria per l'attivazione di azioni finalizzate alla riduzione dei fattori di rischio modificabili, dal cambiamento dello stile di vita agli interventi farmacologici. Alla fine degli anni 80, le Linee Guida sulla prevenzione si fondavano sul trattamento del singolo fattore di rischio, negli ultimi anni l'attenzione si è focalizzata sul rischio globale assoluto, indicatore dell'incidenza di malattia, prevedibile sulla base di livelli noti dei principali fattori di rischio. I fattori di rischio cardiovascolare possono essere schematicamente suddivisi in:
• fattori collegati allo stile di vita: dieta ricca in grassi saturi, colesterolo e calorie, eccessivo consumo di alcool, fumo di sigaretta, sedentarietà ;
• caratteristiche biochimiche o fisiologiche modificabili: ipertensione arteriosa, elevati livelli di colesterolo totale e colesterolo LDL nel plasma, bassi livelli di colesterolo HDL, elevati livelli di trigliceridi, diabete, obesità , fattori trombogenici. Questi ultimi comprendono: il fibrinogeno, la Lipoproteina a (Lp a) ed alcuni fattori della coagulazione, in particolare il Fattore VII e l'inibitore dell'attivatore I del plasminogeno.

2. La valutazione della funzione cardiaca rappresenta un campo emergente della medicina di laboratorio grazie alla determinazione dei peptici natriuretici cardiaci che comprendono il peptide natriuretico atriale (ANP), secreto dai cardiomiociti atriali, il peptide natriuretico attivo B (BNP) prodotto e secreto preferenzialmente nel ventricolo sinistro e la frazione inattiva liberata dal clivaggio del proBNP (NT-proBNP). La loro utilità  clinica (in particolare del BNP e Nt-proBNP) nella valutazione dei soggetti con sospetto scompenso cardiaco, nella stratificazione prognostica dei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, nell'identificazione della disfunzione sistolica o diastolica del ventricolo sinistro e nella diagnosi differenziale della dispnea è stata ampiamente validata.

3. La trombofilia è definita come una condizione ad alto rischio di sviluppare un evento trombotico venoso e/o arterioso, per lo più in giovane età , difficilmente imputabile a fattori di rischio evidenti, con tendenza a recidivare. Lo screening trombofilico prevede una serie di esami, volti ad evidenziare la causa di trombosi venose o arteriose. La raccomandazione generale è che l'accertamento diagnostico non venga effettuato durante l'evento trombotico, ne in corso di terapia eparinica o con anticoagulanti orali, ad eccezione dei test genetici che possono venire effettuati in qualsiasi momento Tali situazioni possono infatti dare luogo a risultati falsamente positivi delle determinazioni di laboratorio, a causa della carenza indotta dalla patologia o dai trattamento in corso. Lo screening trombofilico consigliabile comprende le seguenti indagini:

• Tempo di protrombina (PT)
• Tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT)
• Fibrinogeno
• Resistenza alla proteina C attivata (APC Resistence)
• Fattore V di Leiden
• Mutazione G20210A del gene della protrombina (Fattore II DNA)
• Antitrombina III
• Proteina C Coagulativa
• Proteina S libera Coagulativa
• Ricerca dell'anticoagulante lupico (LAC)
• Anticorpi anticardiolipina IgG IgA IgM
• Anticorpi anti-Beta2 Glicoproteina IgG IgM
• Anticorpi antifosfolipidi IgG IgM
• Omocisteina
• Fattore VIIIAlcune condizioni trombofiliche congenite, come il deficit di antitrombina III, Proteina C, Proteina S sono molto rare nella popolazione generale e generalmente si accompagnano a quadri più severi, altre come la resistenza alla Proteina C attivata/Fattore V Leiden o la mutazione della protrombina G20210A sono più frequenti. Non esistendo al momento test globali in grado di consentire una diagnosi semplice di trombofilia, la ricerca dei difetti trombofilici prevede i'esecuzione di numerosi test secondo definiti protocolli.Il ruolo del laboratorio risulta quindi di fondamentale importanza sia nella prevenzione primaria sulla popolazione sana, attraverso la determinazione dei livelli dei vari fattori di rischio, in particolare quelli modificabili affinchè, attraverso programmi di informazione e sensibilizzazione si possano promuovere stili di vita più sani, sia nella prevenzione secondaria alfine di ridurre nuovi eventi nei soggetti con malattia cardiovascolare manifesta.

Autore: Redazione Medicina33.com