Creatina e Alzheimer: una nuova frontiera per la salute del cervello?
Il morbo di Alzheimer rappresenta oggi la forma più diffusa di demenza e colpisce oltre 50 milioni di persone nel mondo, un numero destinato ad aumentare con l’invecchiamento della popolazione. Nonostante i progressi della ricerca, le terapie disponibili sono ancora limitate e l’attenzione degli studiosi si sta progressivamente spostando su nuovi meccanismi biologici coinvolti nella malattia.
Tra questi, uno dei più promettenti è il metabolismo energetico cerebrale. Un recente studio pilota, pubblicato nel maggio 2025 sulla rivista Alzheimer’s & Dementia: Translational Research & Clinical Interventions, ha acceso i riflettori su una molecola ben conosciuta in ambito sportivo: la creatina.
Il cervello e la “crisi energetica” nell’Alzheimer
Negli ultimi anni è emerso con chiarezza che il cervello delle persone affette da Alzheimer presenta una ridotta capacità di utilizzare il glucosio, la sua principale fonte di energia. Questo deficit metabolico è così rilevante che alcuni ricercatori hanno proposto il termine “diabete di tipo 3” per descrivere questa condizione.
Quando l’energia scarseggia, i neuroni diventano più vulnerabili allo stress, all’infiammazione e alla degenerazione. Da qui nasce l’idea di sostenere il cervello non solo con farmaci, ma anche migliorandone l’efficienza energetica.
Che cos’è la creatina e perché interessa il cervello
La creatina è una sostanza prodotta naturalmente dal nostro organismo e introdotta anche con l’alimentazione (soprattutto carne e pesce). La sua funzione principale è quella di rigenerare l’ATP (adenosina trifosfato), la molecola che fornisce energia alle cellule.
Nel cervello, la creatina agisce come una sorta di “tampone energetico”, garantendo una riserva immediatamente disponibile nei momenti di maggiore richiesta, come durante uno sforzo cognitivo intenso o in condizioni di stress metabolico. Questo ruolo ha spinto i ricercatori a ipotizzare un suo possibile impiego anche nelle malattie neurodegenerative.
Lo studio pilota: cosa è stato fatto
Lo studio pubblicato nel 2025 ha coinvolto 20 pazienti con un’alta probabilità di Alzheimer, selezionati sulla base di criteri clinici e di laboratorio. Sono stati esclusi i soggetti con compromissione cognitiva grave e i pazienti diabetici in terapia insulinica.
Il protocollo prevedeva:
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20 grammi al giorno di creatina monoidrato, suddivisi in due dosi da 10 grammi
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Durata di 8 settimane
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Monitoraggio dei livelli di creatina cerebrale tramite risonanza magnetica avanzata
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Valutazioni cognitive prima e dopo il trattamento
La creatina monoidrato è stata scelta perché è la forma più studiata, sicura ed economicamente accessibile.
I risultati: segnali incoraggianti
Nonostante le dimensioni ridotte dello studio, i risultati sono stati considerati interessanti:
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Aumento della creatina cerebrale: nell’85% dei partecipanti si è osservato un incremento dei livelli di creatina nel cervello, con una media di circa +11%.
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Miglioramenti cognitivi: sono emersi miglioramenti statisticamente significativi in alcune funzioni, tra cui la memoria di lavoro, la cognizione fluida e un test di riconoscimento della lettura.
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Risposta individuale variabile: non tutti i pazienti hanno risposto allo stesso modo, probabilmente a causa delle differenze nella capacità della creatina di attraversare la barriera emato-encefalica.
Limiti dello studio e necessità di cautela
Gli stessi autori sottolineano che si tratta di uno studio pilota, quindi preliminare. Mancano infatti:
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un gruppo di controllo con placebo
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il disegno in doppio cieco
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un campione numericamente adeguato
Dei 20 partecipanti iniziali, solo 19 hanno completato lo studio con un livello di adesione sufficiente. Per questo motivo, i risultati non possono essere considerati conclusivi, ma rappresentano un importante punto di partenza.
Una nuova prospettiva terapeutica?
Il dato più rilevante è che, per la prima volta, uno studio clinico ha dimostrato che l’integrazione di creatina può effettivamente aumentare i livelli di questa molecola nel cervello di persone con Alzheimer. Questo apre la strada a studi più ampi e controllati, che potrebbero chiarire se il supporto energetico cerebrale possa diventare parte integrante delle strategie di prevenzione o trattamento.
Una metafora per capire meglio
Per visualizzare il concetto, possiamo immaginare il cervello come un’auto ibrida.
Se il motore principale a benzina (il glucosio) funziona male, l’auto rallenta. La creatina agisce come una batteria supplementare, che fornisce energia di emergenza permettendo al sistema di continuare a funzionare, almeno in parte, nonostante le difficoltà.
La creatina non è più solo un integratore per atleti. I dati preliminari suggeriscono che potrebbe diventare un alleato nel sostenere il metabolismo di un cervello in difficoltà, come accade nel morbo di Alzheimer.
Serviranno studi più grandi per confermare questi risultati, ma la direzione intrapresa dalla ricerca apre scenari interessanti e concreti per il futuro della salute cerebrale.
Autore: Redazione Medicina33.com
